Tratti indefiniti e indefinibili che esprimono e allo stesso tempo nascondono quello che penso dell'altro; forme appena tratteggiate di occhiali che indicano uno strumento difensivo del volto, capelli che pesano e quasi schiacciano mente, cervello e testa dell'altro; unico colore vago e un po' cupo.
Vedere l'altro è come vedere noi stessi; facciamo fatica a descriverlo, questo volto suo e nostro; quasi a specchio ci nascondiamo dietro il pregiudizio, con la fatica e la vergogna di mostrare l'identità. Non si vuol parlare (non esiste la bocca), non si vuol ragionare (testa piatta come chiusa da capelli come coperchio), non si vuol vedere (occhiali come difesa da chi guarda e non come strumento per vedere).
Immaginiamo noi stessi e gli altri, senza vederci come siamo. Gli influssi e i condizionamenti rovinano i sensi e non ci permettono di accogliere i nostri volti; non vogliamo specchiarci nella nostra identità, è un volto un po' straziato, un po' sofferente, un po' confuso, poco delineato: ecco chi siamo.